Carla, una delle poche operaie, tenta di rincuorarlo, ma è fatica sprecata perché don Mario, novantaquattro anni ed un cuore che batte all’unisono con i suoi maccheroni, è un uomo distrutto. Ma non vinto: “riaprirò” dice con la rabbia di un leone ferito, “il tempo della pasta Faella non è ancora finito”. E per dare un senso alla sfida anche ieri ha aperto bottega, al buio perché è saltato tutto, ma nessuno doveva pensare che don Mario si era arreso alla cattiva sorte. “Annà schiattà”, sussurra una donna che parla con un gruppo di abitanti di Gragnano riuniti in piazza Leone.
Mario Faella, però, non ascolta. Cammina nervosamente, è assorto nei suoi pensieri, rincorre i suoi gioielli: le candele, la calamarata, i paccheri che era la trafila preferita da Gianni Agnelli. “Fosse ancora in vita lui”, sussurra un altro dipendente “ci avrebbe già tolto dai guai”. Che invece restano e sono anche inquietanti. Perché sull’incendio aleggia l’ombra dell’avvertimento camorristico, le indagini non lo escludono, anche se al momento, l’ipotesi del corto circuito sembra prevalere sulle altre.



L’ombra della camorra: Mario Faella di queste cose non vuole neanche parlare. Ma è tormentato dal dubbio e da quell’odore di bruciato che viene dal reparto di essiccazione, quelle che è andato distrutto, che gli ritorna in gola e lo fa star male. Anche perché non riesce a darsi pace per il fatto che le fiamme hanno distrutto i due cassoni in legno nei quali la pasta “riposava”. Il segreto della bontà delle sue trafile è in questo dosaggio sapiente degli ingredienti dell’impasto e del tempo di essiccazione. I cassoni erano importanti proprio per questo e il vecchio pastaio sa che sarà difficile ricomprarne due con le stesse caratteristiche perché si tratta di antiquariato artigianale. Queste esigenze le comprende solo Maria Orsini Natale, la scrittrice con la quale da anni Faella finge di colluttare perché lei difende i pastai di Torre Annunziata, la sua città, e lui, naturalmente, sostiene le ragioni di Gragnano. Qualche tempo fa, durante una trasmissione di “Alice”, quasi si accapigliarono, ma poi tutto finì con una stretta di mano e un abbraccio.
“Mario conosce tutto della pasta” ammette la scrittrice, “lui dosa ad occhio l’acqua per l’impasto e lo fa con più precisione dei computer perché sa che non ci vuole sempre la stessa quantità di acqua, se c’è scirocco o se c’è grecale le dosi cambiano, ma ormai che bada a queste cose? Mario si comporta come i pastai antichi, è uno dei pochi che come faceva la mia bisnonna fa provare i chicchi di grano alle zoccole, se lo digeriscono senza problemi il grano si può acquistare”.
Queste suggestioni, o meglio i segreti di uno dei mestieri più antichi del mondo – tutto inizia con le lagane di Orazio a Gragnano città dei maccheroni – Maria Orsini Natale le ha descritte mirabilmente in Francesca e Nunziata, che è una sorta di commosso inno ai maccheroni, e nel bellissimo saggio scritto per Alfonso e Livia Iaccarino. Don Mario avrebbe potuto essere uno dei protagonisti della saga tornese. “È vero” ci risponde “ed è per questo che la notizia dell’incendio mi ha profondamente addolorato. Io amo i personaggi come Mario ma amo immensamente la mia terra e so bene che il pastificio Faella non può andare distrutto perché è un pezzo della nostra storia migliore. È un momento drammatico, la munnezza per strada offenda la dignità di noi napoletani, ma vorrei che i politici, per farsi in qualche modo perdonare, dessero una mano a Mario e lo aiutassero ad uscire dal tunnel nel quale è sprofondato. E noi insieme a lui”.
Nel pastificio, intanto, arrivano decine di telefonate di solidarietà. Don Mario non fa una piega, il suo volto scavato come una maschera eduardiana, ha un sussulto di gioia solo quando all’altro capo del telefono c’è Susanna Agnelli, l’amica di sempre. “Verrà a trovarmi nei prossimi giorni, qui la consideriamo come una di casa”. Come tanti altri clienti privilegiati.



Maria Orsini Natale batte sul tasto dell’indifferenza colpevole degli amministratori. “Non sanno quanti sacrifici si fanno per conservare la magia della pasta”, dice, “e da quando ho saputo dell’incendio sono tormentata da un pensiero: uno come Mario che ha vissuto solo del suo lavoro avrà la forza economica di rifare tutto da capo? Qualcuno deve aiutarlo, per favore diffondete questo appello”. Proviamo a farlo parlando con i maggiorenti di Gragnano che, come usa dire, sono immediatamente accorsi al capezzale della vittima. “Ci stiamo dando da fare”, dice Annarita Patriarca presidente del Consiglio comunale, “il Sindaco ha già avviato contatti con Provincia e Regione sollecitando un intervento per il pastificio Faella”. Sapete di giocarvi quello che resta della vostra reputazione? “Sappiamo di più, è in gioco il nostro futuro, questa è una partita che Gragnano non può e non deve perdere”. Anche perché e l’ultima.